di Corrado Gavinelli
Tratto da Frontiere
Introduzione
Indubbiamente Antonio Sant’Elia è stato il più grande esponente della architettura (e dell’urbanistica) del Futurismo; che soprattutto insieme a Mario Chiattone (suo iniziale compagno di studi, e collaboratore professionale di Studio negli anni 1913-14), Virgilio Marchi poco più tardi, e Tullio Crali negli Anni Trenta del Novecento (ma anche, marginalmente, Quirino De Giorgio),ha saputo assegnare alla nascente architettonicità moderna italiana una proposizione di novità insolita ed audace (anche se con poche realizzazioni pratiche e con tanti, invece, disegni solamente progettuali).
I suoi elaborati per la Città Nuova – probabilmente concepita per il contesto cittadino di Como, ove il progettista era vissuto ed aveva cominciato a lavorare, ma certamente riferiti ad altri possibili contesti metropolitani in evoluzione – devono considerarsi espressioni uniche di una innovante proposta urbano-architettonica scaturita dalla riflessione sulle modalità progettuali e costruttive di un nuovo àmbito abitativo conseguente alle istanze ideologiche e tecniche del Futurismo e della sua concezione avanzata di progresso, in estrema corrispondenza coi risultati maturati dalla rivoluzione industriale e dalle sue applicazioni pratiche nel settore edilizio.
E’ possibile che Sant’Elia si fosse riferito genericamente ad altre elaborazioni, apparse dall’inizio del Novecento rivolti ad una nuova risoluzione urbanistico-architettonica, di progettisti e disegnatori visionari (di cui mi riservo di trattare con maggiore risalto più avanti) ed anche altrimenti concreti (come l’urbanista Tony Garnier, autore del formidabile progetto per la Città Industriale di Lione, elaborato dal 1901 al 1904 e portato a termine – sebbene non totalmente, ma con abbondanza di esecuzioni sostanziali – tra 1905 e 1935): eppure, al confronto diretto delle proposizioni altrui con i disegni santeliani, appare evidente in questi ultimi una esplicita diversità, di concezione e delineazione grafica, che è infatti stata la stessa trasformazione della modalità progettuale – e disegnativa – dell’architetto comasco nel repentino suo passaggio dalla appena precedente adesione al Liberty, protratta fino al 1912, verso la dirompente espressione di marca moderna del 1913-14, impostata senza più inflessioni stilistiche do ogni sorta, e di attinenza solamente tecnico-funzionale.
Tale mutamento inaspettato non può venire considerato – almeno unicamente – come l’influenza esterna di suggestioni propositive nei confronti degli eventi progettuali d’epoca, o di ripercussioni inventive precedenti, che – per quanto eclatanti e originalmente innovativi – ancora scarsamente, nel 1913-14 appunto, avevano ricevuto quel prodigioso impulso di cambiamento culturale apportato poco dopo dalle risoluzioni – critiche e di innovazione costruttiva – delle cosiddette Avanguardie storiche (che architettonicamente si svilupparono più avanti).
Potrebbe comportare invece, quella improvvisa sua trasformazione espressiva, una solitaria forma iconografica personale dell’architetto ricavata dalla sua numerosa e folta elaborazione grafica svolta quasi ossessivamente, tra 1912 e 1913, in tantissimi disegni tipologicamente diversificati che sanciscono l’abbandono esplicito del formalismo-decorativistico di derivazione austro-secessionistica [Figura 2] e propongono originali schemi volumetrico-lineari di una essenzializzata conformazione architettonica [Figura 3] che poi si avvierà verso studi di tipologie molteplici e complesse, prefiguranti una nuova edilizia plastica e dinamica [Figura 4] configurata poi nella imminente Città Nuova [Figura 5].
Ma se osserviamo bene, i disegni tecnici di questa strabiliante e mai vista proposizione urbana, esibiti per la prima volta alla Mostra di Nuove Tendenze del 1914, sono espressamente diversi da quelli precedenti dell’anno prima, che si considerano preparatori. Ad esempio, nel paragone tra lo schizzo per la Stazione di Treni e Aerei del 1913 (ancòra invischiata di espressività artistica e di stilismo eclettistico nonchè di convergenza liberty-sommarughiana)e la sua immediatamente seguente elaborazione tecnica di più deciso funzionalismo grafico, si può riscontrare una diversità sconcertante: come se qualcosa di estraneo, o qualcuno, fosse intervenuto ad indirizzare specificamente la regolarità inflessibile e lo schematismo stererometrico del tratto geometrico del loro esecutore, correggente -e più precisamente definente – l’enfasi grafica espressiva [Figure 6, 7, 8].
E’ per questa considerazione che a mio parere l’evoluzione futuristica santeliana deve venire sostanzialmente attribuita all’improvviso colloquio sostenuto dall’architetto di Como con il propagatore del Futurismo, Filippo Tommaso Marinetti, che nel 1913 si incontra – tramite la mediazione presentativa di Carlo Carrà – con Antonio Sant’Elia e lo convince a passare dalla progettualità passatista e borghese da lui fino ad allora seguìta, alla novità rivoluzionaria che il capo dei Futuristi aveva già indicato nel proprio Manifesto del 1909 (pubblicato su LeFigaro parigino, ma poi divulgato in altre modalità pubblicitarie), ed aveva poi – altrettanto eclatantemente – fatto espandere in uleriori proclami programmatici per le varie altre attività artistiche (Manifesti della Pitturae della Scultura del 1910, dei Musicisti dell’anno dopo, della Letteratura del 1912) cui mancava soltanto – appunto – quello per l’Architettura.
Non è pervenuta alcuna testimonianza diretta di quanto i due personaggi si sono scambiati nel loro certamente – e futuristicamente – agitato colloquio, ma risulta comuque certo che Sant’Elia all’improvviso ha lasciato una propositività operativa appena avviata, che per altro professionalmente cominciava a dargli una certa possibilità di carriera futura (di cui risulta esemplare la Villa Elisi realizzata per l’imprenditore Romeo Longatti proprio nel 1912 alle Colme di San Maurizio in Brunate presso Como) [Figura 9], per gettarsi in una avventura espressiva di incognite prospettive consequenziali e vantaggi di sola contingenza culturale.
Degli eventi di adesione al Futurismo dell’architetto comasco, esiste soltanto una attestazione ampia, e abbastanza circostanziata (ma priva di datazioni specifiche) nelle memorie lasciate da Carrà sul proprio libro autobiografico, in cui il pittore narra – e attesta – dichiaratamente, come Marinetti si preoccupasse come non fosse ancòra stato emesso un Manifesto della Architettura Futurista, per mancanza di un autore che potesse degnamente – e perentoriamente – rappresentarla con credibile autorità, e per la cui stesura aveva chiesto quindi proprio all’artista quale personaggio, non altrimenti già segnato o compromesso tendenzialmente, avrebbe potuto consigliargli. E Carrà, amico di Sant’Elia dal tempo dei loro studi a Brera, diede il nome di Antonio; facendo da quel momento iniziare le lunghe trattative – poichè il comasco si era mostrato inizialmente restìo a perdere la propria indipendenza produttiva: e come testimonia l’amico Chiattone, si disinteressava del Futurismo – che condussero l’architetto ad aderire, secondo me all’inizio del 1914 (il disegno famoso della Centrale Elettrica del 1914 riporta la data del “25/2”: prima dunque della esposizione del gruppo artistico di Nuove Tendenze, avvenuta tre mesi dopo) alla futuristicità conclamata.
I toni proclamatori di modalità marinettiana usati da Sant’Elia nella presentazione (denominata convenzionalmente Messaggio) delle sue opere in quella mostra milanese, risalenti al Maggio del 1914, sono la conseguenza del primo rapporto dell’architetto comasco con il sostenitore del Futurismo; e si riversano totalmente – ma con qualche evidenza futuristica di maggiore enfasi verbale – nell’immediatamente successivo Manifesto santeliano (dell’Architettura Futurista) pubblicato un paio di mesi seguenti, nel fatidico 11 Luglio (ed il cui provocatorio linguaggio, tipicamente esagitato futuristicamente, qualche storico ritiene sia stato direttamente suggerito, nelle parole sostanziali, da Marinetti stesso).
Convinto dunque, dal portavoce del Futurismo, anche a cambiare stile disegnativo – per sottrarsi alla precedente maniera tradizionale ed al proprio generico formalismo volumetrico – e adottare invece il secco e concreto criterio espressivo della tecnica e della dinamicità futuristiche, Sant’Elia produce quegli incredibili disegni effettivamente futuristici, e del tutto nuovi (come era la sua Città stessa, chiamata appunto Nuova) che gli vengono internazionalmente riconosciuti.
Ma la sensazionale concezione santeliana del dinamico apparato urbano del progresso, con i suoi straordinari percorsi separati su sospese viabilità sovrapposte mai interferenti che si insinuano tra pareti gigantesche di caseggiati alti ed insoliti per forma e condizione tecnica, deve – d’altra parte – venire considerata davvero unicamente il risultato inventivo dell’estroso architetto comacino? Oppure perfino i suoi disegni estremamente innovativi nell’urbanistica e nella sua architettura possono avere ricevuto qualche influenza suggestiva proveniente da altre proposte analoghe (per quanto meno graficamente e formalmente poderose e belle) precedentemente esposte e in qualche modo vaganti nel contesto culturale del periodo?
continua…….
FIGURE e DIDASCALIE
1 – Autoritratto giovanile (all’età di 21 anni) eseguito da Antonio Sant’Elia nel 1909, all’epoca della sua adesione al liberty di genere simbolistico-sommarughiano e allo stile floreale del secessionismo austriaco, e della sua iscrizione alla milanese Accademia di Brera [Figura 1]
2 – Uno dei più noti disegni santeliani del proprio periodo liberty-secessionistico (di marca soprattutto otto-wagneriana), il Prospetto del Cimitero per Monza eseguito nel 1911 [ Figura 2]
3 – Lo Schema Volumetrico per Edificio Industriale del 1913, che caratterizza il nuovo processo di semplificazione formale di Sant’Elia ed il suo passaggio ad una architettura stereometrica senza ornamenti e di sole geometrie nitide [Figura 3]
4 – Uno Studio per Edificio Industriale, anch’esso del1913, in cui il riducente grafismo santeliano evidenzia il criterio di definizione plastico-formale delle costruzioni dell’architetto comasco, rivolte ad una diversa modalità espressiva delle originali tipologie per la nuova città moderna [Figura 4]
5 – Il più famoso disegno di Sant’Elia per la sua Città Nuova, LaCentrale Elettrica del 1914 (eseguito a Como il 25 Febbraio), nei tratti del quale viene manifestamente rappresentata l’immagine tipica delle nuove architetture urbano-territorialidel Futurismo [Allegato 5 – Figura 5]
6-7-8 – Tra l’abbozzo indicativo del 1913 per la Stazione di Aerei e Treni (che nello schizzo viene tra l’altro intitolato soltanto Stazione Aereoplani) e la definitiva versione conclusiva dell’anno dopo, denominata estesamente Stazione d’aeroplani e treni ferroviari con funicolari e ascensori su tre piani stradali, esiste una diversità che non è soltanto di trasposizione – come si dice – dalla brutta alla bella del progetto, ma si rileva in una differenza derivante anche dalla drastica assunzione di geometricità lineare e di essenzialissimo formale dipendenti da un intervento assestante del tratto segnico tramite una risoluzione più rigida e tecnica (come è riscontrabile nel Disegno Preparatorio per Stazione di Treni e Aerei del 1914, tracciato almeno nel mese di Marzo oppure in Aprile)
[Figura 6; Figura 7; Figura 8]
9 – La Villa Elisi a San Maurizio di Brunate presso Como, in una foto del 1960: progettatada Sant’Elia nel 1910-11 e realizzata nel 1912 col caratteristico stile liberty del periodo, è uno dei pochi edifici costruiti dall’architetto comasco; e rappresenta un esempio tipico della sua cominciata attività professionale [ Figura 9]