L’etnologo francese David Lepoutre, nel  libro “ Couer de Banlieuve”, ha ribadite le potenzialità urbane e sociali della periferia. Egli parte da considerare un fenomeno emergente i suburbi delle città europee:

“Le periferie sono innegabilmente luoghi in cui esiste un alto tasso di violenza, di degrado morale, di delinquenza. Sono i mali risaputi delle classi emarginate. Ma contemporaneamente si registrano nelle banlieues connotati sociali non di rado positivi, come uno spiccato senso del gruppo e della comunità, che determinano esempi di forte coesione umana e partecipazione collettiva a tutte le manifestazioni della vita sociale. Ciò ha le sue degenerazioni nelle lotte dei clan; nelle forme frequenti di condizionamento della libertà individuale, ma ha determinato altresì un singolare fenomeno di autoidentificazione sociale. Un fenomeno complesso, del resto.

Da una parte v’è distanza dal centro, per così dire, e riconoscimento di questa distanza, dall’altra volontà inconscia e frustrata di omologazione. Stranamente, ad esempio, nelle periferie europee (è il risultato di una recentissima indagine) i giovani, che sono quasi il 50% della popolazione “periferica”, aspirano a possedere con tutti i mezzi abiti firmati, vogliono seguire i modelli pubblicitari del cinema e della tv. Ma al tempo stesso alimentano la distanza, si chiudono in se stessi, ingaggiano, spesso con toni di aggressività e di violenza, una sorta di lotta alla convenzione comune.

Se tutto ciò comporta deviazioni che costituiscono sottocultura e retroguardia sociale, motivato per altro verso una serie di nuovi comportamenti, anche creativi ed espressivi, che oggi vengono rivalutati. L’analisi di alcuni codici relazionali, ad esempio, fondati sull’onore e sulla reputazione, le stesse forme di solidarietà economica che spesso si instaurano tra i gruppi che abitano in periferia e che ribaltano le logiche dell’individualismo della società ufficiale, i modi dell’espressione e del linguaggio testimoniano una nuova identità collettiva e un bisogno reale di uscire dalle logiche massificate.

In Francia si è persino assistito a un tentativo di impegno politico della gente delle banlieues, un fatto emblematico”.

Se la tendenza avviata dai sociologi è di guardare alle espressioni della gente di periferia, come alle manifestazioni di una nuova e autentica cultura popolare, ciò significa recuperare, al di là dei drammatici guasti in essi presenti, una parte di città che va conosciuta e approfondita.

Professore, di solito le periferie sono pensate come spazi per l’emarginazione ,del degrado.

Nel suo ultimo libro lei riconosce anche una dimensione positiva delle zone suburbane delle grandi città in che senso?

“ al di la dei luoghi comuni, le periferie racchiudono una serie di aspetti umani e sociali molto interessanti, non solo sotto il profilo scientifico. Occorre ribaltare il punto di vista corrente e pensare che il disordine, la disorganizzazione che caratterizza la periferia , si identifica sotto il profilo sociologico, in relazione opposta ad un centro, da cui si differenziano sostanzialmente e con cui gli abitanti delle periferie sono in qualche modo in competizione.

Nei suoi studi lei parla di identità specifica delle  baulieues segnata da codici, riti, linguaggi. Ci vuol spiegare?

Occorre fare una genesi storica del fenomeno. Nel mio studio mi riferisco in particolare alla periferia delle grandi città così come si e delineata soprattutto nel dopoguerra, con la costruzione dei grandi complessi edilizi suburbani realizzati spesso senza infrastrutture e destinati inizialmente alle classi sociali medio-basse. Successivamente vi è stata una migrazione dei più abbienti verso il centro e una degenerazione dei quartieri periferici in cui sono confluiti in quasi tutte le città europee (Bruxelles,Londra ,special modo Parigi) i più poveri spesso immigrati e disoccupati.il fenomeno ha assunto spesso in Francia un aspetto particolare.

Mentre in altre nazioni sopratutto del Sud ’Europa, come l’Italia,esiste nella città una separazione meno marcata tra centro e periferia, e comunque una minore distanza tra le classi sociali.In Francia si è instaurata una netta divaricazione tra i ceti, al punto che s’è assistito,anche in una forte presenza multietnica,ad una sorta di ghettizzazione degli spazi periferici. Sicchè è caduto l’interesse verso i quartieri della periferia ,questi ultimi hanno assunto in particolare modo una caratterizzazione sociale autonoma e singolare.

Lei ha scritto che da qualche tempo si assiste ad un recupero d’interesse verso la periferia, definita un vero e proprio laboratorio sociale. Cosa intende?

«Le periferie sono innegabilmente luoghi in cui esiste un alto tasso di violenza, di degrado morale, di delinquenza.

Sono i mali risaputi delle classi emarginate. Ma contemporanea-mente si registrano nelle  banlieues connotati sociali non di rado positivi, come uno spiccato senso del gruppo e della comunità, che determinano esempi di forte coesione umana e partecipazione collettiva a tutte le manifestazioni della vita sociale.

Ciò ha le sue degenerazioni nelle lotte dei clan; nelle forme frequenti di condizionamento della liberta individuale, ma ha determinato altresì un singolare fenomeno di autoidentificazione sociale. Un fenomeno complesso, del resto. Da una parte v’e distanza dal centro, per cosi dire, e riconoscimento di questa distanza, dall’altra volontà inconscia e frustrata di omologazione. Stranamente, ad esempio, nelle periferie europee (e il risultato di una recentissima indagine) i giovani, che sono quasi il 50% della popolazione ”periferica”, aspirano a possedere con tutti i mezzi abiti firmati, vogliono seguire i modelli pubblicitari del cinema e della tv.

Ma al tempo stesso alimentano la distanza, si chiudono in se stessi, ingaggiano, spesso con toni di aggressività e di violenza, una sorta di lotta alla convenzione comune. Se tutto ciò comporta deviazioni che costituiscono sottocultura e retroguardia sociale, motivato per altro verso una serie di nuovi comportamenti, anche creativi ed espressivi, che oggi vengono rivalutati. L’analisi di alcuni codici relazionali, ad esempio, fondati sull’onore e sulla reputazione, le stesse forme di solidarietà economica che spesso si instaurano tra i gruppi che abitano in periferia e che ribaltano le logiche dell’individualismo della società ufficiale, i modi dell’espressione e del linguaggio testimoniano una nuova identità collettiva e un bisogno reale di uscire dalle logiche massificate.

Recentemente in Francia si e persino assistito a un tentativo di impegno politico della gente delle banlieues, un fatto emblematico».

Il linguaggio delle periferie: qual e la sua originalita? Il patois delle banlieues francesi e una lingua vera e propria, che include termini ed espressioni che riguardano gli aspetti propri della vita di quartiere, una lingua viva, simbolica e rituale. Una lingua che non ha confini, potrebbe dirsi, che indifferentemente si puo esprimere visivamente o mimicamente, oltre che foneticamente, che investe la vita pratica, ma altresì quella spirituale. Per questo anche i sociologi recentemente guardano alle espressioni della gente di periferia come a manifestazioni di una nuova ed autentica cultura popolare: da recuperare, al di là dei drammatici guasti, da conoscere e da approfondire».

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