di ROGER SCRUTON, 4 OTTOBRE 2019
Un edificio può attrarre per la sua perfezione formale, la sua armonia di proporzioni e la disciplina grammaticale con cui si abbina parte a parte. Ma può attrarre nonostante la mancanza di quelle cose, offrendo scorci allettanti della vita interiore, aperture intriganti, inviti a entrare, esplorare, immaginare.
Gli amati villaggi della Provenza e della Riviera italiana forniscono pochi esempi di perfezione formale. Ma abbondano nelle porte, nei passaggi e nei vicoli ciechi; in scale e vicoli segreti. Le loro pareti sono punteggiate da edicole votive e nicchie; le loro finestre sono racchiuse da architravi e modanature, spesso schiacciate negli angoli per riflettere i corridoi tortuosi della vita all’interno. Gli scantinati sprofondano in nicchie buie e qua e là, tra le case, ci sono baracche e abbeveratoi che servono ai bisogni degli gnomi invisibili che infestano il posto.
L’arte di produrre questi angoli e fessure e di adattare gli edifici intorno a loro in modo che diventino parte del tessuto della strada, è parte integrante del successo della nostra architettura tradizionale, ed era evidente fino ai primi grattacieli di New York, dove tali dettagli si verificano nei punti più sorprendenti, sulla facciata, sul tetto, nelle nicchie, sulle porte di servizio e negli oscuri cortili.
Perché gli angoli e le fessure non vengono più prodotti? Uno dei motivi è che il loro valore non è compreso, e in ogni caso non viene più insegnato come parte della creazione di luoghi. Ma la loro assenza è anche il risultato degli stili prevalenti – che non sono tanto stili quanto l’elusione dello stile, e che non lasciano spazio all’accidentale, al decorativo e al fantastico. L’architettura gotica, sosteneva una volta Sir John Summerson, era una sorta di generalizzazione dell ‘”edicola”: il piccolo edificio con tetto a falde e pareti verticali, che veniva accumulato cellula su cellula per formare il grande organismo della cattedrale medievale. L’angolo e la fessura erano l’essenza dello stile, le unità di significato che sono state raccolte e diffuse dall’architetto su tutta la facciata.
L’architettura classica utilizzava modanature e ombre per creare mistero e intimità all’interno delle forme organizzate geometricamente. E l’architettura vernacolare ha preso a prestito sia dalla tradizione gotica che da quella classica, mirando a un vocabolario libero ed estendibile, che può essere incorporato nella facciata e nella strada indipendentemente dalla vita che fa buchi e costruisce rifugi dove nessun architetto ha previsto che dovrebbero essere. Ma quella risposta libera ai bisogni umani si adatta male ai nostri modi moderni di costruire. I muri non sono più condivisi, gli edifici non si evolvono o si adattano, non si fanno più nuove aperture nelle vecchie facciate, niente si appoggia ad altro ma tutto si erge nitido e distaccato, circoscritto da una funzione che non può essere facilmente modificata.
Angoli e fessure si verificano in una città antica come le rughe accattivanti su un viso invecchiato.
Ma come possono essere incorporati in edifici costruiti sui principi dell’architettura delle facciate continue? Lastre di vetro ininterrotte, pannelli prefabbricati, calcestruzzo colato, travi d’acciaio: queste sono le unità di base della costruzione e resistono al tipo di perforazione e pavimentazione casuale che ha subordinato il lavoro dell’architetto alle mutevoli esigenze della comunità. Le facciate congelate e ininterrotte dell’idioma delle facciate continue non lasciano spazio a questi dettagli; le nostre facciate moderne racchiudono la vita interiore di un edificio, ma non si evolvono o si adattano in risposta ad essa.